San Pedro de Atacama, una rosa nel deserto

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Lascio Salta all’una di notte diretta in autobus verso la mia ultima tappa cilena: San Pedro de Atacama. Verso le 9:00 siamo alla frontiera, al Passo di Jama, a più di 4.200 metri di altitudine. Un poliziotto mentre sono in fila mi dice che se mi sento male posso andare in infermeria dove c’è la maschera con l’ossigeno e altro per curare il mal d’altura, ma io veramente sto benissimo. Piuttosto ho un problema alla dogana perché nel foglio che si deve compilare per passare da un Paese all’altro non ho dichiarato di avere in valigia una pera, 16 gr. di prosciutto cotto e 20 di formaggio. Quindi mi fanno un verbale che devo subito portare all’ufficio doganale di San Pedro, con una lettera di scuse, affinché l’autorità giudiziaria cilena mi comunichi via mail se devo pagare una multa o se sono stata perdonata. Dopo questa “traversia” arrivo finalmente nel pueblo di San Pedro de Atacama. Fa molto caldo, siamo a 2.400 metri in mezzo al deserto, sotto la vetta del Cerro Chainartor (5.640 m.) e del Vulcano Licancabur, nella regione di Antofagasta. Detto così potrebbe spaventare, e invece è un paese carinissimo tutto rosa, sembra quasi finto, creato apposta per i turisti. Gli Atacameni, che continuano ad aumentare ad un ritmo vertiginoso per i nostri standard europei, (basta pensare che nel 2002 erano poco più di 4000 ed ora superano di gran lunga i 10000) sono invece orgogliosissimi delle loro tradizioni semplici, del loro artigianato locale, del fatto che le case siano costruite con i tipici mattoni adobe rosa (una pietra calcarea), che le costruzioni non possano superare i due piani, insomma che il sito non sia rovinato dalla modernità. Ed è proprio questo che le centinaia di migliaia di turisti da tutto il mondo vengono a cercare qui. Così si è creato un mix davvero strano: mentre si passeggia, le agenzie turistiche con i loro venditori per la strada, si contano a centinaia. Ci sono escursioni di tutti i tipi: ai Geyser, alla Valle della Luna e della Morte, alla Riserva dei Fenicotteri, Astronomiche; ci si può andare con dei piccoli autobus, noleggiando un’auto, in bicicletta, a cavallo… si può fare addirittura Sandboard sul Vulcano. E poi ristoranti e bar turistici, centinaia di hostal, bancarelle e negozietti di artigianato. Mi sembra di essere nella mia amata Vulcano, alle Isole Eolie, solo che intorno c’è il deserto, e non il nostro meraviglioso mare. E allora una riflessione mi sorge spontanea: perché qui la popolazione continua ad aumentare, orgogliosa di preservare le tradizioni che senz’altro significano anche disagi, una vita non facile, e alle Eolie invece i pochi abitanti continuano a diminuire, e soprattutto i giovani desiderano fuggire da questi nostri patrimoni indiscussi dell’umanità? Io una prima risposta semplificatrice ce l’ho: a San Pedro de Atacama si lavora tutto l’anno, in Italia tutto il turismo è ancora concentrato in Luglio e Agosto, per il resto i nostri siti vanno in letargo. Ma torniamo in questo paradiso dall’altra parte del mondo, dove finalmente riesco a vedere le stelle nonostante una strabiliante luna piena, e mi accorgo che la costellazione di Orione, la mia preferita, è al contrario, cioè Orione è a testa in giù! Per una intera mattinata tutto il paese è stato senza luce, e anche l’acqua non è che abbondi, eppure qui si vive tutto tranquillamente. Non parlo dell’escursione che ho fatto io, ammirando paesaggi multicolore straordinari con aperitivo alla puesta del sol, perché qualsiasi guida turistica vi può dare indicazioni. Voglio invece parlare di Maria e di Alvaro. Maria è una signora di 52 anni, la mia host. Ha una bellissima casetta in perfetto stile atacameno con i muri in adobe, tronchi di legno per sostegno, una stufa a legna in soggiorno, bottiglie colorate al posto del vetro-cemento, e tela di Juta come soffitto. Ci vive con due dei suoi figli, in un’atmosfera calda e accogliente. Alvaro è un suo ospite che però è qui per lavoro: fa il giornalista e cura le relazioni del Comune. È lui ad offrirmi l’empanada più buona che abbia mai mangiato, e a raccontarmi tra le altre cose un simpatico aneddoto. Pablo Neruda una volta le ha offerte ad un banchetto ufficiale di seri diplomatici in Africa: le empanadas si mangiano con le mani ed il poeta cileno si è divertito un sacco vedendo gli invitati sbrodolarsi sugli abiti di gala! Addio San Pedro de Atacama. Addio Cile. Non so se ci rivedremo però quello che è certo è che mi hai regalato esperienze indimenticabili.

6 pensieri su “San Pedro de Atacama, una rosa nel deserto

  1. Hola, nina!
    Bellissima postcard.
    Ti seguo con stupore e la solita amorevole invidia😉
    Da Aix en Provence (poca cosa rispetto ai tuoi spostamenti😁) ti abbracciamo forte forte forte.
    Hasta la proxima
    Bianca & family😘

    1. Hola Bianca!!! In questo momento sono sull’autobus e sono arrivata a La Paz! Aix en Provence la ricordo come una bella città!!! Ora cambio il titolo di questo articolo con “San Pedro de Atacama, una rosa nel deserto”! Besos a todos 😘😘😘

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