Prima di tutti l’anarchico di origini ucraine Simon Radowitzky, imprigionato a vita per l’assassinio di Ramon Falcon nel 1909, il capo della Polizia di Buenos Aires. Ho letto sia Chatwin che Coloane che raccontano di un avventuriero italiano che nelle acque della Fine del Mondo organizzò la sua fuga dal carcere di Ushuaia, ma questa è un’altra storia. Poi c’è il prigioniero n. 40 Caietano Santos Godino, conosciuto come il Petiso Orejudo, sedicenne psicopatico che aveva seminato il terrore a Buenos Aires nel 1912 per una serie di omicidi di infanti, di mesi o di pochi anni. Non contento di uccidere le sue vittime, Caietano partecipava ai loro funerali, per cui diventò ben presto l’indiziato numero uno. Convinti che la sua malvagità risiedesse lombrosianamente nelle sue orecchione alate, tentarono anche di operarlo ma non sortirono nessun effetto. Morì dopo alcuni decenni di prigionia, sembra per le botte dei suoi stessi compagni. Aveva ucciso un gatto, la mascotte dei detenuti, gettandolo vivo nella stufa. C’è anche un tale Sacomanno, l’assassino della telefonista, che uccise una giovane credendola una prostituta per rubarle il denaro, mentre si trattava di una povera ragazza telefonista che tornava a casa dal lavoro. Sacomanno si dichiarò sempre innocente e svolse per anni durissimi lavori a Ushuaia. Oppure c’è il celebre scrittore Ricardo Rojas, che al confino all’estero preferisce la reclusione a Ushuaia per le sue idee politiche contrarie al regime militare. E infine, ma non sarebbe l’ultimo, c’è la storia di Mateo Banks, El mistico, di origini irlandesi, pluriomicida. Nel 1922, per debiti di gioco, uccise in una macabra sequenza suo fratello Dioniso, la nipote figlia di Dioniso, Sara di 11 anni, un ragazzo che lavorava nella fattoria di famiglia e poi un altro giovane, Claudio, dal quale si era fatto accompagnare inventando una scusa, e nascondendo il cadavere lungo il tragitto. Si era infatti spostato a casa dei suoi fratelli, Maria Ana e Miguel, assassinati entrambi con la moglie di Miguel, Juana, e la loro figlia più grande di 15 anni Cecilia. Uniche superstiti al massacro la sorellina di 5 anni di Cecilia, Anita, e Maria di 4 anni, figlia del lavorante Claudio.
Curiosità. Dove hai recuperato queste info?
Ciao Beppe! Quando visito musei o parchi, fotografo sempre i cartelli con le spiegazioni e poi le traduco. In linea di massima faccio così.
Oppure anche amici che mi danno informazioni su letture. Poi devo anche scegliere tra l’enormita’ di materiale, eventualmente fare delle ricerche su internet se ho dei dubbi. E in seguito devo anche riassumere. Insomma è un vero lavoro, però mi piace!
Accidenti, l’ultimo è davvero da farci un film 😨
Mi hanno anche consigliato di leggere il libro della Laura Pariani, “Dio non ama i bambini”, dedicato alla vita del “Petiso Orejudo”!
Segnato😉