Dopo un mese e mezzo di viaggio, arrivo a Buenos Aires quasi come arrivare a casa. È una luminosa mattina di sole, sole dicembrino che qui è come se fosse giugno. Le scuole stanno chiudendo per le vacanze estive: è tempo di esami e di feste. Questa volta ho deciso di alloggiare a Recoleta, un grande Barrio signorile fatto di bei palazzi con l’androne lussuoso dove il portiere, gli alberi di Natale e l’arredamento minimal mi ricordano che sono in una immensa metropoli con tutte le sue contraddizioni. Giovani mamme vestite alla moda spingono passeggini, i ragazzi e le ragazze delle superiori camminano a gruppetti nelle loro divise “regimental” fatte di carine minigonne, scarpe sportive, felpe o polo con il logo del college. La comunità ebraica qui è molto presente, si incrociano spesso uomini e giovani con i tipici copricapo. Ma proprio davanti a quei bellissimi e ricchi ingressi dei palazzi, a volte ci sono ammassi di coperte sudicie e avvolti all’interno esseri umani sporchi che dormono, sdraiati per terra o su dei materassi luridi piazzati in qualche angolo. I porteni (andrebbe scritto con la cediglia sulla enne), cioè i locali, chi è veramente del posto, dicono di patire molto la caoticita’, il traffico, gli eterni cantieri, i mendicanti, la sporcizia. Si lamentano spesso dei lunghi trasferimenti per andare al lavoro con la subte o con l’autobus e di una serie di altre criticità innegabili. Questo mi fa riflettere sulla strana natura umana che è uguale dappertutto, ci accomuna e in un certo senso ci affratella. Non si tratta di perdere la propria identità culturale o le proprie tradizioni, storia, ricordi. L’essere e sentirsi cittadini del mondo significa rendersi conto che non siamo perfetti, che commettiamo errori, proviamo rancori e invidie. Vivere in grandi metropoli significa essere costantemente a contatto con queste contraddizioni: avere milioni di opportunità, mille cose da fare e da vedere, essere anonimi e lasciarsi trasportare dal flusso costante della gente che attraversa le larghissima avenidas. Ma forse noi che abitiamo in piccole province italiane non ci lamentiamo lo stesso? Nell’ordine io qui a Buenos Aires ho assistito a delle meravigliose letio Dantis: gli ultimi due canti del Paradiso, un’esperienza di assoluta bellezza. Una rappresentazione della Norma di Bellini al Teatro Colon, con standing ovation meritatissima per la soprano italiana Anna Pirozzi, da brividi. Al Teatro Coliseo la Filomena Marturano diretta da Liliana Cavani con la brava Mariangela D’Abbraccio. Era proprio la stessa sera della finale della Coppa Libertadores, River e Boca giocavano a Madrid, ma a BA i festeggiamenti sono durati tutta la notte e non solo all’Obelisco con i fuochi d’artificio. Sono stata anche alla Facultad de La Matanza, invitata dal mio amico Antonio Piteo per una festa di fine corsi. E poi cene e chiacchiere con amici, passeggiate nei parchi e mostre interessantissime; al Rosedal e al Jardin Japones di Palermo, al Jardin Botanico vicino a Plaza Italia, al Museo del Libro y de la Lengua e alla Biblioteca Nacional Mariano Moreno per Ernesto Sabato, Garcia Lorca, Frenkestein, o allo sciccosissimo Museo de Artes Decorativas. Insomma, il mio viaggio continua; lascio questa strabiliante città sentendo un po’ di nostalgia e che in un modo o in un altro, qualcosa mi riporterà qui, prima o poi.
Non torni più a BA? Dove ti trasferisci? A volte perdo i colpi e la mia mente viaggia più lentamente di te! Besos!🤓
Ciao Daniela! Domani parto per Salta, l’ultima città Argentina nel mio viaggio. Poi ancora una puntatina in Cile prima della Bolivia, del Perù e della Colombia… È ancora lunga la mia strada. Ma qui è stato davvero bello! A presto! Ti abbraccio 😘👍🤗
Giusto! Dimenticavo Bolivia e Colombia…. su riparte! A presto Gio! Saluti dai colleghi!