LA BAMBINA CHE VENDEVA LE PIETRE
Una volta ho conosciuto una bambina che vendeva le pietre. Non si può dire che fosse bella, ma aveva fascino. Selvatica come l’isola sulla quale viveva, occhi scuri e con un cipiglio da arrabbiata, labbra imbronciate, capelli arruffati. I piedi e le mani avevano le unghie sporche, la pelle abbronzata emanava odore di salsedine e zolfo.
Quando l’ho vista per la prima volta era in piedi vicino ad un tavolino sgangherato sul quale stavano appoggiate delle pietre di varia forma e dimensione ma tutte assolutamente insignificanti.
“Ciao”, le ho detto. Lei mi ha guardato diffidente senza rispondere, ruvida come le pietre che aveva esposte. “Sono in vendita?”, le ho chiesto ( lì sull’isola vogliono sempre tutti vendere qualcosa). Ha fatto si con la testa e con voce roca ha detto: “Dieci”. Ma dieci cosa?
Allora ho incominciato ad esaminare le pietre anche se ero più interessata alla bambina e a cercare di capire cosa aveva voluto dire con quel “dieci”. Di certo intendeva gli euro, il rapporto con i “piccioli” in questi luoghi è di difficile interpretazione per me. Fondamentalmente si tende a raggranellare un piccolo o grande gruzzolo e poi lo si spende per acquistare qualcosa che si desidera. Quando si cresce il denaro lo si trasforma in “roba” che deve servire ad accumularne altro per comprare altra roba. Il tutto deve essere il frutto di un duro lavoro fisico, si deve fare fatica, “combattere la vita”; il guadagno senza la contrattazione non è contemplato.
E’ per questo che anche se la bambina continuava a tacere, ho chiesto: “Dieci Euro?”. Lei ha fatto si con la testa.
A questo punto ho dato inizio senza averne la minima voglia alla contrattazione d’obbligo: “Ma dieci euro sono troppi!”, guardo nel portafoglio con aria preoccupata, tiro fuori un biglietto da cinque e scelgo tre belle pietre di medie dimensioni. La bambina con espressione offesa esclama ad alta voce “Nooo!”, come se le stessi proponendo di uccidere sua madre. E andiamo avanti così per circa una mezz’ora; piano piano la bambina che vendeva le pietre parla un po’ di più, io la voglio fare aprire, desidero affondare e perdermi nei suoi sguardi cupi, estirpare la sua diffidenza e ritrosia. I sassi esposti sul tavolino perdono completamente di significato, anche la bambina che si chiama Martina non se ne occupa più. I cinque euro tenuti fermi da una pietra svolazzano allegri mentre nasce un’amicizia.