Campo aperto n.7

Pavel Pokidyshev (n. 1965) Il piccolo principe

Oro, oro, oro. O sabbia del deserto. Trovo molto contrasto tra il volto del piccolo principe ed il resto. Ha gli occhi tristi, cupi, due buchi neri. Tutto fatto di cerchi che infondono protezione, senso di avvolgimento. Mondi simbolici, sfere sospese. Voglia di amico immaginario.

VAI, E DIMMI SE LEI E’ ANCORA LI’

Mister Mohab non fa altre domande a Sally. La guarda con i suoi occhi profondi, di primavera inoltrata, di colori sgargianti blu e sabbia del deserto, di bianco acceso delle nuvole che le ricordano il Sacrario italiano di El Alamein e anche un po’ le eleganti signore che da un secolo fa si sventagliano indolenti nei giardini privati di Alexandria mentre i camerieri versano loro limonata ghiacciata. (Ti sembrerà forzata, forse, questa frase, ma può essere simpatica)

La saluta e se ne va, probabilmente verso la sua missione segreta.

Sally resta sola a meditare guardando il mare, una sensazione strana la pervade. Avrà fatto bene? Sarà giusto chiedere la conferma della presenza di una persona che ora non c’è più, che se ne è andata da qualche mese per non tornare, e soprattutto di cui Sally ha preso il posto? Non si  sente all’altezza del grande compito, una fortuna enorme che ha avuto origine dal più terribile dei verdetti, la morte, una  fine per giunta immeritata. Una persona che aveva ancora tante cose da fare, da dire, da scrivere, da vivere.

Ora Sally è lì, da sola, ma non si sente mai sola. Adesso a farle venire quel friccicorìo alla nuca non ci sono più solo i suoi cari affetti che l’hanno vista nascere e crescere fino ad un certo punto, andandosene sempre troppo presto, vittime di un destino ingrato (crudele) .

Ora c’è anche una prof che Sally non si sente neanche di nominare, una entusiasta come lei, che una volta ha detto “Vivere, ho vissuto.”

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