Il filo di Arianna 2021- n.7


Paul Klee, Presentazione del Miracolo, 1916, The Museum of Modern Art, New York

Impressioni ed emozioni a partire dal quadro di Paul Klee

Il labirinto tridimensionale. Facce schiacciate infantili ed inquietanti ma che non fanno paura. Le figure geometriche ed i colori mi ricordano le carte da gioco, Alice nel paese delle meraviglie, ma anche Il castello dei destini incrociati. Tempo e spazio scardinati e di nuovo i colori a pastello,  pastosi , della mia infanzia. Desiderio e curiosità di capirci qualcosa.

La battaglia persa

“ Nella tua Università c’è anche l’esame di Latino?”, mi chiese un giorno mio padre. “ Si, però non è obbligatorio, cioè nel mio piano di studi potrei  iterarlo con altro. Eppure,  mi piacerebbe provarci.” risposi.

 “ Allora non riuscirai mai a laurearti.” Detto così, senza astio o disprezzo; una semplice constatazione di una prova  secondo lui  impossibile che io sostenessi. Mi feriva ogni volta che lo faceva, ma non se ne rendeva conto ed io non osavo confessarglieloA dire la verità non gliel’ho mai detto; chissà se lui riusciva a leggerlo nei miei occhi. Ed io alzavo l’asticella.

Devo ammettere che gli incoraggiamenti, quelli che vengono anche chiamati rinforzi positivi, non hanno caratterizzato l´educazione che mi é stata impartita. Il fatto inspiegabile, ai miei occhi,  è che non ci fossero cattiveria o desiderio di tarpare i sogni o le velleità. Ed io alzavo l’asticella.

Ecco che devo dimostrare qualcosa al mio inopportuno papà. La lotta, la sfida e quella sensazione di inadeguatezza continuano  tuttora. Io sono diventata il mio avversario, inizialmente per voglia di riscattarmi, in certi momenti diventando una vera nemica di me stessa: depressa, insoddisfatta, infelice. Poi un bel giorno abbiamo fatto la pace.

Continuo a perdere a tennis, corro sempre più lentamente, probabilmente non riuscirò a passare molte altre prove, subirò sconfitte e delusioni, ma l’asticella non l’abbasso. E ogni tanto continueró a sentire  quel friccicorìo alla base della nuca che per un istante si propaga e che mi piace chiamare felicità.

Complimenti per questa introspezione cosí pulita, senza autoindulgenze né idealizzazioni . L´enunciato é ancora piú limpido del solito. E quella bell espressione colloquiale, familare, intima, “fare la pace” assume in questo conteso, nella tua storia, una posizione centrale, riparatrice, rifondatrice.

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